Il re della tavola domenicale di tutti gli ischitani è il coniglio. Così come a Napoli la tradizione della cucina cita il ragù, non si può soggiornare sull’isola d’Ischia senza aver assaggiato sua maestà il coniglio.
Le famiglie ischitane lo hanno, infatti, eletto a simbolo della loro tradizione alimentare e, in tutta l’isola, si consumano circa 40 chili di coniglio pro capite all’anno.
A regalarcelo furono i fenici circa qualche migliaio di anni fa e, da allora, sono tante le leggende che lo accompagnano in tavola. Negli ultimi anni il coniglio da fossa ha avuto non solo la certificazione del presidio Slow Food ma anche uno straordinario rilievo mediatico all’esterno dell’isola.
Così, la ricetta tradizionale ha subito una serie di rivisitazioni da grandi e piccoli chef ma non lasciatevi ingannare, il coniglio all’ischitana si mangia solo a Ischia!
Da Re della tavola, un tempo era il re dei boschi essendo, il coniglio selvatico, l’animale più diffuso da sempre. I contadini dell’epoca, ma qualcuno ha continuato a farlo anche ora, lo allevavano in un fosso scavato di circa due metri, in un terreno.
Crescevano a base di erba e si moltiplicavano per poi essere catturati di notte alla luce della luna con un meccanismo che solo i contadini più anziani conoscono.
Oggi, crescono per lo più nelle gabbie e ogni comune dell’isola lo cucina a modo suo. A ovest, dove forte è l’impronta greca, il coniglio viene cucinato rigorosamente con del vino bianco ischitano con un soffritto di cipolla insaporita da nepitella, un’erba aromatica simile alla menta.
Ad est, è, invece, il richiamo etrusco e romano a essere forte e il coniglio viene cucinato con una testa d’aglio “vestita” e intera. Tra spezie e sapori il coniglio all’ischitana non può assolutamente mancare sulle tavole della domenica e delle festività e, se non c’è, non è festa!
