Avete mai sentito parlare delle parracine? Si tratta di terrazzamenti realizzati con pietre di tufo verde che raccontano un pezzo di storia dell’isola d’Ischia.
Le parracine non sono altro che dei muri a secco realizzati nei terreni caratterizzati da forti pendenze e occupati dai filari di vite.
E’ soprattutto nella parte alta dell’isola che è possibile trovare, ancora oggi, queste testimonianze di architettura rurale ischitana. Il termine parracina pare derivi dal verbo greco “παράκειμαι” (parakeimai – stare accanto).
Questi muri venivano innalzati, infatti, per delimitare alcune zone e proteggere i terrazzamenti dove nasceva e cresceva l’uva ischitana.
Probabilmente furono proprio i Calcidesi e gli Eritresi che, giunti sull’isola, dopo aver fondato la colonia di Pithecusae introdussero questa tecnica per proteggere il tesoro più antico dell’isola: il vino.
“Quando da poco sono state erette, la pietra è fresca, bruna se lavica, gialla o verdina se tufacea, rossa se vicino sta una vena di roccia ferrigna.
Col tempo si macchiano di chiazze bianche, poi si rivestono di mucchio prima rossastro, poi verde, che i fanciulli raccolgono per coprire i loro presepi.
Di giorno, quando il sole ne illumina di sbieco la facciata e gli interstizi appaiono bene ombrati, esse esprimono un ricamo, in cui si leggono i sobri pensieri dei contadini, le sommesse parole del solitario viandante, il canto degli uccelli, il verso dell’asinello, l’immagine del cacciatore e del cane.
È un bassorilievo che racconta tutta la vita e i costumi dell’Isola“.
Così le descrive Giovan Giuseppe Cervera nel libro “Ischia sconosciuta” edito nel 1959.
